L’inno del gruppo e la più grande bandiera alla vita libera e selvaggia che sia mai stata scritta nella storia del metal. Su di un tempo shuffle ossessivo fino alle convulsioni, s’innesta il riffing pazzesco e squadrato con l’accetta di Murray e Stratton, mentre il basso di Harris si rivela un efficacissimo tritacarne sonoro.
Di’Anno urla slogan d’urgenza liberatoria (alcol, sesso mercenario, strafottenza e irresponsabilità, beffe della legge e della morale) che diventano l’inno nazione della generazione metal degli anni Ottanta.
Chi volesse capirla, piuttosto che perdere tempo in inutile studi sociologici e politici, farebbe prima a leggersi attentamente il testo di questo brano, lasciandosi trasportare dalla sua rozzezza sonora che sta all’irrequietezza esistenziale della gioventù occidentale come i tamburi dell’Africa ancestrale stanno ai rituali del vudù.
Le movenze psichedeliche dell’inizio vengono rapidamente sommerse da una brutalità chitarristica che rappresenta le convulsioni di chi è in preda alla disperazione e al furore. E’ Di’Anno il sommo sacerdote della perdizione che ne narra candidamente l’oscena bellezza anche se, diverso tempo dopo, dirà che, in realtà, è una canzone dedicata al padre scomparso.
Originariamente non incluso nell’album e pubblicato solo come singolo, Sanctuary viene aggiunta al disco solo nelle ristampe degli anni Novanta, quando è già diventata da molto tempo uno dei super – classici del gruppo.
Non c’è spazio per nessuna redenzione nel mondo teppistico e violento degli Iron Maiden. Un riff ferocissimo e tagliente come una lama di rasoio si snoda selvaggio mentre Di’Anno ci catechizza di omicidio e fuga dalla polizia, senza cercare compassione e senza struggersi nei complessi di colpa. La normalità del delitto dei bassifondi londinesi genera visioni compiaciute, in cui l’unica preoccupazione è quella di cercarsi un rifugio (il “sanctuary”, appunto) dalla legge. Di tutto il resto, chi se ne frega. Spettacolarmente sanguinolenta, Sanctuary fa scuola a tutto il metal degli anni Ottanta.
Out of the winter came a war horse of steel.
I’ve never killed a woman before, but I know how it feels.
*Chorus*:
I know you’d have gone insane if you saw what I saw.
So now I’ve got to look for sanctuary from the law.
So give me sanctuary from the law and I’ll be alright.
Just give me sanctuary from the law and love me tonight, tonight.
I met up with a ‘slinger last night to keep me alive.
He spends all his money on gambling and guns to survive.
*Chorus*
I can laugh at the wind, I can howl at the rain.
Down in the Canyon or out in the plain.
Il biglietto da visita degli Iron Maiden è questo furioso speed rock che ne definisce alla perfezione le coordinate stradaiole e criminali. Paul Di’Anno si presenta come un esibizionista da parco pubblico (“… Puoi vedermi strisciare dietro i cespugli/ Con la patta aperta/ Cosa vedi, ragazzina? / Questo è l’originale!”) e non si lascia intimorire da una morale che non può imbrigliarne la spinta vitale.