Archive for the HARD ROCK/HAIR METAL Category

DEEP PURPLE – PERFECT STRANGER

Posted in Deep Purple with tags , on 4 Maggio 2009 by blackout87

 

“Perfect Stranger” è la quinta traccia dell’omonimo album. Una canzone strepitosa con un riff molto pomposo e un’atmosfera veramente surreale soprattutto quando Gillan intona “Can you remember, remember my name…”; sembra infatti che la storia entra nelle orecchie dell’ascoltatore. Veramente bella e orecchiabile.

Can you remember remember my name
As I flow through your life
A thousand oceans I have flown
And cold spirits of ice
All my life
I am the echo of your past

I am returning the echo of a point in time
Distant faces shine
A thousand warriors I have known
And laughing as the spirits appear
All your life
Shadows of another day

And if you hear me talking on the wind
Youve got to understand
We must remain
Perfect strangers

I know I must remain inside this silent well of sorrow

A strand of silver hanging through the sky
Touching more than you see
The voice of ages in your mind
Is aching with the dead of the night
Precious life (your tears are lost in
Falling rain)

And if you hear me talking on the wind
Youve got to understand
We must remain
Perfect strangers

 

Perfetti Sconosciuti

Ti ricordi, ricordi il mio nome
mentre attraverso la tua vita?
Ho sorvolato migliaia di oceani
e freddi spiriti di ghiaccio.
Tutta la mia vita,
sono un eco del tuo passato.

Riporto l’eco di un momento nel tempo,
facce distanti brillano.
Ho conosciuto migliaia di guerrieri
e le risate quando appaiono gli spiriti.
Tutta la tua vita,
ombre di un altro giorno.

E se mi senti parlare nel vento
devi capire
che dobbiamo restare
dei perfetti sconosciuti.

So che devo rimanere dentro questo silenzioso pozzo di dispiacere.

Un filo di argento appeso nel cielo
che tocca più di quanto tu possa vedere.
La voce del tempo nella tua mente
è dolorosa quando arriva l’alba.
Vita preziosa
(le tue lacrime si confondono nella pioggia che cade)

E se mi senti parlare nel vento
devi capire
che dobbiamo restare
dei perfetti sconosciuti.

DEEP PURPLE – PERFECT STRANGERS 1984

Posted in Deep Purple with tags on 4 Maggio 2009 by blackout87

deep20purple20perfect20strangers

Nel 1984 Blackmore, Gillan, Glover, Lord e Paice tornano a far splendere il nome dei Purple. Lord torna a un ruolo da protagonista “A Gypsy’s Kiss”, Blackmore macina riff e assoli intrisi di feeling “Knocking At Your Backdoor” e “Wasted Sunsets” e Gillan ci mette una volta di più tutto il suo cuore e la sua classe.

Oltre ai titoli già nominati, che sono tutti brani degni di stare fra i grandi classici della band, la gemma dell’album, è senza dubbio, la sublime title –track.

 

Knocking at Your Back Door

Under the Gun

Nobody’s Home

Mean Streak

Perfect Strangers

A Gypsy’s Kiss

Wasted Sunsets

Hungry Daze

Not Responsible

Son of Alerik

 

WHITESNAKE – COME AN’ GET IT

Posted in Whitesnake with tags , , on 1 Maggio 2009 by blackout87

come-an-get-it

Da molti considerato l’album “definitivo” della formazione classica della band, “Come An’ Get It” è un robusto episodio hard rock, che ha i suoi punti di forza soprattutto nella cadenzata title – track, nella tirata “Don’t Break My Heart Again”, nella malinconica “Lonely Nights” e nel rock ’n’ roll sguaiato di “Wine Women And Songs”. I testi di Coverdale sono sempre incentrati sul sesso ma nella “calda” interpretazione del cantante riescono sempre convincenti. Secondo me, ancora una volta la prova della band è eccellente!!!

 

Come An’ Get It

Hot Stuff

Don’t Break My Heart Again

Lonely Days, Lonely Nights

Wine, Women An’ Song

Child of Babylon

Would I Lie to You

Girl

Hit An’ Run

Till the Day I Die

WHITESNAKE – LOVE HUNTER 1979

Posted in Whitesnake with tags , , on 30 aprile 2009 by blackout87

whitesnake-lovehunter5

Il sound dei Whitesnake è più diretto e meno basato sulle individualità solistiche rispetto a quello dei Purple, ma non per questo è meno fascinoso. Coverdale è il leader ma gli altri, pur mettendosi essenzialmente al servizio della band fanno da protagonisti. “Love Hunter” è un disco di valore assoluto, delizioso fin dall’intenso pezzo di apertura, “Long Way From Home“, che dimostra subito la classe dei sei musicisti in questione. Il resto si mantiene su questi livelli, con un caldissimo hard blues che a tratti si stempera deliziosamente in un feeling quasi jazz. Al momento di andare in tour il buon Dowle sarà sostituito dal leggendario Ian Paice.

  • Long way from home
  • Walking in the shadow of the blues
  • Help me thro’ the day
  • Medicine man
  • You ‘n’ me
  • Mean business
  • Love hunter
  • Outlaw
  • Rock ‘n’ roll women
  • We wish you well
  • Belgian Tom’s hatrick
  • Love to keep you warm
  • Ain’t no love in the heart of the city
  • Trouble

ACDC – BACK IN BLACK

Posted in AC/DC with tags , , on 29 aprile 2009 by blackout87

ac-dc-back_in_black-front

La morte di Bon Scott aveva gettato nello sconforto i fan di tutto il mondo, lasciando una cupa ombra sul futuro della band australiana. Gli AC/DC avevano una sola maniera per fare capire di non essere scomparsi con il loro cantante: realizzare un album come “Back In Black“. Brian Johnson forse non avrà il carisma del predecessore, ma è un signor cantante, e la sua voce acuta e graffiante è una bella sorpresa. Il resto della band si muove sulle solite coordinate, anche se la produzione si fa qui molto migliore e cominciano a comparire sonorità più strettamente metalliche. Grazie all’eccellenza di composizioni come “Hell’s Bells” e “Back In Black“, quest’album spalancherà definitivamente alla band le porte dell’America.

  • Hells Bells
  • Shoot To Thrill
  • What Do You Do For Money Honey
  • Givin’ The Dog A Bone
  • Let Me Put My Love Into You
  • Back In Black
  • You Shook Me All Night Long
  • Have A Drink On Me
  • Snake A Leg
  • Rock And Roll Ain’t Noise Pollution

AC/DC: “ANCHE STASERA LE NOSTRE CHITARRE MORDERANNO”

Posted in AC/DC with tags on 29 aprile 2009 by blackout87

ac_dc1

Metà anni Settanta. Cinque giovani australiani decidono di mettere insieme una band di rock’n’ roll per girare il mondo. Le chitarre dei fratelli Young suonano ad altissimo volume e ciò che loro intendono per rock’n’ roll sono accordi semplici suonanti alla velocità della luce, suoni duri e distorti che si abbattono sugli ascoltatori indifesi e li coinvolgono in un gioco di ricordi e di corse a perdifiato su strade già battute dalla musica del diavolo.

I primi album stampati solo in patria oltrepassano presto i confini nazionali. Nel 1977Let There Be Rock” e il successivo Live tratta dalla prima tournèe mondiale e poi “If You Want Blood, You’re Got It” fanno parlare di loro un po’ dappertutto, e si comincia a fare confusione, li si prende per punk, li si definisce grezzi, maleducati.

Ma più la stampa specializzata si dà da fare per smontare il fenomeno, più gli AC/DC crescono a dismisura. Si parla di rock adolescenziale, di momentaneo successo dovuto e legato all’immagine.

I loro testi trattano il disagio giovanile senza cadere in trappole artefatte. Quello che colpisce della loro musica è la semplicità, la forza bruta di un assolo di chitarra lanciato a dovere,una voce incredibilmente bella e potente, e una sezione ritmica ordinata e pulita.angus-young3

Il leader è Angus Young. La chitarra sembra bruciargli tra le mani mentre il suo dondolarsi pazzamente sul palco in tipica divida da college inglese diventa con gli anni uno spettacolo nello spettacolo. Malcom Young se ne sta in disparte con la sua Gibson les Paul, compone e dirige ritmicamente le follie del fratellino!!!

Il cantante Bon Scott possiede una voce alla Robert Plant, acuta e stridula, ma mai sopra le righe, capace di innalzarsi ad assoluta protagonista ma subito pronta a defilarsi. E’ lui la spalla ideale di Angus che nel 1980 purtroppo morirà sul palco durante un concerto per colpa di una scarica elettrica del suo microfono e gli AC/DC perderanno con lui gran parte della loro carica istintiva.

Ma nel 1979, mentre la new wave cerca di mettere ordine nell’anarchia lasciata dal punk, i nostri arrivano in una Londra sonnolenta, ma Angus e i suoi non si fanno certo pregare e , con o senza l’approvazione di Mr. Jagger, prendono per oro colato le sue parole suonando per una settimana intera in un locale stracolmo di giovani.

Di giorno invece si chiudono in sala d’incisione,dove danno vita al loro album – manifesto: “Hightway To Hell“. Intanto tutto ciò avviene contemporaneamente allo scontro con la stampa inglese, che definisce la loro musica sottocultura da quattro soldi.

In questo clima di conflitto tra la stampa specializzata e il pubblico dei concerti, risalta il sound della band, che rappresenta alla fine dei 70′ quanto di più moderno il vecchio hard rock è in grado di proporre.

La band a questo punto ha di fronte a se un futuro in ascesa, e la sua incontrollabile fiducia nella propria musica la porterò a superare ogni ostacolo. Il 20 Febbraio 1980 Bon, dopo una serata di bevute, si addormenta in auto e muore soffocato dal proprio vomito. Nonostante la gravissima perdita il gruppo prosegue e con Brian Johnson realizza nello stesso anno il suo più grande successo commerciale con “Black in Black“.

Pur privi di un autore di testi all’altezza di Bon, gli AC/DC continuano a celebrare donne e sesso, successo, whisky e la forza vitale del rock, in barba ai soliti benpensanti e alle mode che si succedono a ritmo frenetico. Anche se ora si spostano in limousine, continuano a suonare in jeans e maglietta e i loro concerti sono tutt’ora una delle esperienza più emozionanti alle quali un appassionato di rock possa assistere.

DEEP PURPLE – MADE IN JAPAN 1972

Posted in Deep Purple with tags , , on 25 aprile 2009 by blackout87

made-in-japan

Made In Japan” è un album live realizzato dai Deep Purple nel 1972. Il successo dell’album è sensazionale.

Il disco si apre con “Highway Star” eseguita in maniera eccellente, come appariranno anche le altre esecuzioni. La durata del brano viene dilatata di diversi minuti e l’assolo di Blackmore irrompe nel pezzo in maniera eclatante, la coesione è perfetta e il pubblico è giustamente in delirio!!!Sfido a non esserlo!!!

Si prosegue con “Child in Time” il cui ormai mitico inciso mette in evidenza uno Ian Gillan veramente in gran forma, la sua voce sembra uno strumento aggiungo, pronta a urlare senza mai andare fuori tono, senza mai una sfumatura. Qualcosa di veramente eccezionale!Fa venire i brividi!

Il brano che meglio rappresenterà il futuro dei Deep Purple è sicuramente “Smoke On The Water“, il suo riff viene ripetuto fino all’inverosimile, gli accordi in successione di Blackmore vengono imparati a memoria da chiunque decida da quel momento in poi di prendere in mano la chitarra.

Segue “The Mule” e il pubblico fa la conoscenza di Ian Paice, che come consuetudine di quei tempi, si appropria della canzone tratta da “Fireball” e la fa sua inserendo all’interno un interminabile assolo di batteria.

Con  “Strange Kind Of Woman” si ritorna allo schema classico del pezzo con l’alternanza di Blackmore e Lord sotto le luci della ribalta, ma nel finale, gli strumenti si zittiscono, solo Paice tiene un semplice tempo di batteria subito sopportata dal battimani del pubblico, ed è a quel punto che Blackmore e Gillan danno vita a un duetto tra chitarra e voce, con il cantante impegnato a raggiungere le note più alte della Stratocaster di Blackmore senza dargli tregua e scatenano l’esultanza di tutti i presenti.

Tocca poi a “Lazy” bellissimo brano tratto da “Machine Head“, farsi strada nell’aria ed è una versione quasi jezzata; chi detta legge è il suono questa volta cristallino della chitarra di Blackmore che si inerpica tra virtuosismi.

Si chiude con “Space Truckin” e con la voce di Gillan che invita il pubblico a scandire il tempo con le mani, mentre il gruppo si lancia verso un’orgia liberatoria di suoni che sembra non avere fine.

Io posso solo dire che ascoltare “Made In Japan” è come aprire la scatola dei ricordi, rituffarsi nel passato ed è l’album che ha permesso di viaggiare tra le molte strade che solo certa musica riesce a tracciare.

 

WHITESNAKE

Posted in Whitesnake with tags , , on 25 aprile 2009 by blackout87

whitesnake

I Whitesnake ,una delle band hard rock, che si aggiudica a mio parere un posto molto in alto a livello musicale ed emozionale, nacque ad opera di David Coverdale.

David Coverdale iniziò la sua carriera con i Deep Purple. Successivamente lasciò il gruppo, con le idee molto chiare per intraprendere una carriera solista. Egli è stato per anni il simbolo del perfetto frontman: tutto capelli, fisico, voce e sesso, con canzoni che si tramutano in una continua allegoria sensuale e che parte dalle corde vocali per estendersi a tutto il corpo.

Probabilmente Coverdale è stato l’oggetto erotico rock più imitato e desiderato di sempre!!!

Il cammino musicale dei Whitesnake inizia con l’album “Trouble” e prosegue con “Love Hunter“, l’album nel quale una ragazza nuda cavalca un serpente.

In tre anni di attività Coverdale era riuscito a creare una formazione che racchiudeva gli ex componenti del precedente gruppo: Jon Lord e Ian Paice, tastierista e batterista dei Purple. Così quando esce l’album “Ready An’Willing” la critica commenta sulla ritrovata armonia dei musicisti.

Ma gli obiettivi di Coverdale sono altri: egli infatti vuole realizzare un disco perfetto che gli permette di vivere di luce propria e di uscire dall’ombra della band che lo ha lanciato.

La carriera dei Whitesnake prosegue con sempre maggiori fortune, dischi validi e un successo crescente. Arriva persino una svolta di immagine e con un suono più adatto alle radio americane, con dischi che mantengono intatto il tradizionale colore blues, ma che a livello di scrittura di canzoni mostrano una certa forzatura alla ricerca del singolo.

In ogni caso, in questa giostra di cambi di formazione, di concerti da record, di festival, i Whitesnake sforano comunque lavori di qualità, tra cui vale assolutamente la pena di citare: “Slide Of The In” e lo scintillante “Slip Of The Tongue“, con uno straordinario Steve Vai alla chitarra.

All’inizio degli anni Novanta la loro avventura ha una brusca frenata, motivata dall’ambizione soliste dei componenti. E’ solo nel 1997 che il gruppo torna con “Restless Heart” e poi con un magnifico disco acustico “Starkes In Toyko“, dove vengono anche rivisitati alcuni dei successi del gruppo.

In mezzo a questi successi c’è anche la parentesi del progetto Coverdale/Page che ha permesso al cantante di coronare il sogno di dividere il palco con l’ex chitarrista dei Led Zeppelin.

THIN LIZZY – JAILBREAK 1976

Posted in Thin Lizzy with tags , , on 19 aprile 2009 by blackout87

thin-lizzy

L’album “Jailbreak” del 1976 ha una copertina quasi fumettistica che sembra voler richiamare i supereroi della Marvel Corno, tanto in voga in quegli anni.

Il disco si apre con la canzone omonima, guidata da un riff a effetto immediato su cui si posiziona la voce seducente di Lynott. Ottimo anche il suono.

Non meno importante la successiva canzone “Angel From The Coast“, un proto – metal a due chitarre, con un ritmo di batteria indiavolato.

Running back” è invece una canzone accompagnata da un sax seducente, infatti incredibilmente piacevole .

In “Romeo And The Lonely Girl” Lynott scrive un’accurata  melodia che trova il punto di massima originalità nell’assolo di chitarra che accompagna il ritornello.

Dolcissima, a dispetto del titolo, è “Warrios” costruita su una serie di riff molto graffianti e poetici. Una malinconica ballata con qualche spunto di flamenco nei passaggi elettrici.

Il secondo lato è aperto dalla canzone simbolo dei Thin Lizzy “The Boys Are Back In Town“. Ricca di varianti e intrecci di chitarre, con parti cantante belle e affascinanti.

Tocca poi a “Fight Or Fall” mantenere alta la tensione mentre con “Cowboy Song” i Thin Lizzy ci consegnano un’altra grande canzone.

L’impatto della conclusiva “Emerald” sfiora la forza dell’heavy metal puro, ma con almeno cinque anni di anticipo, catturando però melodie liberatorie, come mai questo genere è stato in grado di fare .

Insomma un album veramente memorabile!!!

THIN LIZZY

Posted in HARD ROCK/HAIR METAL, Thin Lizzy with tags , , on 16 aprile 2009 by blackout87

zap_lizzy

Phil Lynott è un cantante e bassista di Dublino per metà irlandese e per metà brasiliano. Fin dagli anni giovanili si lega con il batterista Brian Downey con il quale, dopo uno stage negli Skid Row, suona blues nei Sugarshack. Quando nella formazione entra anche il chitarrista Eric Bell, il trio prende il nome di “Thin Lizzy” e comincia a farsi notare nel circuito londinese per il rock duro e senza pudore.

Arriva subito un successo: “Whiskey In The Jar“. La formazione però è instabile infatti Eric Bell abbandona il gruppo e viene scelto al suo posto Scott Gorham e Brian Robertson.

Insieme i Thin Lizzy realizzano dei pezzi unici come “Jailbreak” e “The Boy Are Back In Town“.Col passare del tempo, a differenza degli altri gruppi hard rock, il suono dei Thin Lizzy si affina e ottiene sempre maggiore attenzione da parte della critica.

Dopo aver avuto nel gruppo un chitarrista quale Gary Moore i Thin Lizzy scelgono Snowy White. Il suo stile si riflette in “Chinatown” pubblicato nell’ottobre del 1980 e un anno dopo in “Renegade“.

Dopo la pubblicazione di questi due album, il leader del gruppo Phil Lynott decide di introdurre nella propria musica suoni heavy metal e chiama nel gruppo John Sykes. La svolta viene notata con l’uscita dell’album “Thunder and Lightning“, il miglior lavoro dei Thin Lizzy negli anni ottanta.

Ma Lynott sembra ormai pensare ad altri progetti ed è così che il gruppo si scioglie. Egli inizierà una carriera solista troncata però dalla sua prematura morte avvenuta il 4 gennaio del 1986.

Nel 1999 Sykes, Gorham e Wharton rispolverano il nome dei Thin Lizzy per una breve serie di concerti, da cui viene tratto il live “One Night Only“.

Ciò che stupisce dei Thin Lizzy è che nonostante essi abbiano avuto nel gruppo chitarristi quali Gary Moore e John Sykes, l’immagine del gruppo è stata sempre legata a Phil Lynott tanto che egli viene omaggiato in patria da anni con un gigantesco festival che diventa un raduno per coloro che amano il rock e soprattutto per migliaia di fan.

Ho avuto l’onore di ascoltare i Thin Lizzy al “Gods Of Metal” del 2007, purtroppo il nome di Phil Lynott potevo solo sentirlo quando John Sykes omaggiava la sua memoria. Ma non ci si può di certo lamentare ad ascoltare un’ora di classici che lasciano a bocca aperta tutti, da chi poteva conoscere e individuare le piccole imperfezioni a chi invece era li per la prima volta.

Un’esperienza davvero unica.